Silvano Zorzi
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L’Ing. Silvano Zorzi fu uno dei più apprezzati progettisti italiani di ponti del XX secolo. Studiò al Politecnico Federale di Losanna e si laureò nel 1945 come ingegnere costruttore. Laureatosi nel 1945 in Ingegneria delle Costruzioni presso l’École Polytechnique di Losanna e in ingegneria civile idraulica presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Padova, era titolare dal 1950 di uno studio professionale specializzato in costruzioni in cemento armato.

Nel 1961 fondò la Società IN.CO. (Ingegneri Consulenti) con uffici a Milano, Venezia e Roma, specializzata in progettazione e direzione lavori per opere civili e industriali. La sua attività professionale è incentrata sulla progettazione di ponti e viadotti, canali e gallerie, opere marittime (moli, pontili e bacini), strutture industriali e sportive. Nel 1982 è nominato membro dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine.

Negli anni Sessanta è tra i primi in Italia ad affrontare nella progettazione di ponti e viadotti il sistema della costruzioni a sbalzo; nei manufatti industriali, marittimi e impantistici ricerca soluzioni tipologiche attraverso il disegno di componenti costruttivi prodotti industrialmente. Tutta la sua produzione muove dalla consapevolezza che i manufatti dell’ingegneria siano architetture permanenti del paesaggio e quindi ne ricerca la leggerezza strutturale, costruttiva e figurativa. Ha collaborato con architetti del calibro di Luigi Figini, Gino Pollini e Vittorio Gregotti.

Nel ricercare un breve estratto della documentazione fotografica dell’opera, sicuramente all’occhio balza subito lo scatto in cui “una splendida incastellatura di tralicci tubolari in acciaio disposti a ventaglio” si ripete per un lungo tratto di collegamento del futuro ponte, fingendo da centine realizzate con ponteggio in tubi “innocenti”.

Quest’ultimo fa parte di centinaia di invenzioni ingegneristiche che con la loro innovazione hanno caratterizzato la realizzazione dell’intera Autostrada, permettendo, ove i luoghi non consentivano soluzioni tradizionali per il superamento degli ostacoli naturali  (fiumi o Appennini o quant’altro), di ovviare a tali problematiche garantendo anche una maggiore implementazione delle tempistiche di lavoro.

 

Si può dire forse che in termini di realizzazione dell’opera legata ad un cronoprogramma certo e legato molto all’ottimizzazione del rapporto “costi/resa” dell’intero cantiere, il Progetto e la realizzazione dell’Autostrada abbiano avuto una capacità così dirompente rispetto ai tradizionali sistemi e metodi, tanto da poterli paragonare all’avvento dei primi cellulari nel sistema di comunicazione.

Da quel punto in poi l’esecuzione dei lavori “a regola d’arte” avrebbe avuto un’accezione in termini di tempi e programmi, ben diversa rispetto al passato.

 

Uno dei punti di maggior criticità ed ostacolo al compimento dell’intera opera fu proprio il fiume Po ed il suo attraversamento; l’Ingegner Silvano Zorzi che si era aggiudicato la prima gara con un progetto di attraversamento caratterizzato da trave continua su tutto l’attraversamento (mt. 1176), si vede costretto a rivedere integralmente la sua ipotesi progettuale, adeguandola all’ultimo bando dell’opera, che prevedeva una progettazione  con travi semplicemente appoggiate.

I 1176 mt. di sviluppo del sistema di collegamento vennero così frazionati in 16 campate cadauna per mt. 75 di sviluppo.

L’intero lavoro fu seguito quasi continuamente sin dal suo inizio (03 giugno 1957) dai servizi di informazione nazionale (Rai ed Istituto Luce) di cui inseriamo in calce all’articolo un link per un breve filmato da repubblica.it.

Forse ancor più celebrativa e mediatica fu la fase di collaudo avvenuta tra il 04 e il 05 giugno 1959; transitano infatti (come da foto allegata) venti autocarri a pieno carico e 10 carri armati “Patton”.

L’intero lavoro fu seguito quasi continuamente sin dal suo inizio (03 giugno 1957) dai servizi di informazione nazionale (Rai ed Istituto Luce).

 

 

(fonte foto: ansa- autostrade)

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