E’ stato inaugurato nell’aprile 2015 in Torino il grattacielo Intesa Sanpaolo, costruito nel quartiere Cit Turin (Piccolo Torino ndr.), progettato dall’Arch. Renzo Piano. I lavori, avviati nel dicembre 2008, si sono sviluppati con la prima fase relativa alla costruzione delle fondamenta e dei sei piani interrati, tramite l’utilizzo della tecnica top-down, che descriveremo in seguito e il cui utilizzo ha comportato una valutazione specifica per la progettualità anche della parte inerente la sicurezza del cantiere nella futura fase di esecuzione.
TECNICA TOP-DOWN
Le opere, riprese nell’estate dell’anno 2011 sono state completate nella fine dell’anno 2014, portando il grattacielo Intesa Sanpaolo (mt. 166,26) poco al di sotto della quota massima riferibile alla Mole Antonelliana (mt. 166,93).
“Ha comportato di per se delle notevoli problematiche in quanto il primo costruito in Italia”
dichiara Daniele Di Cesare (Ufficio del Coordinatore della Sicurezza dei Lavori) durante l’incontro a tema La Sicurezza nelle Grandi Opere (Forum Sicurezza Torino 29.04.2015), facendo riferimento alla tecnica top down ed alla mancanza di know-how operativo che ha reso difficoltose le valutazioni in fase progettuale.
In poche parole il sistema costruttivo progettato ha previsto l’utilizzo di colonne a sostegno di una vera e propria seduta su cui è andata ad appoggiarsi la parte superiore del grattacielo Intesa Sanpaolo.
La problematica maggiore era sicuramente quella di trovare l’operatività per realizzare e movimentare l’immensa trave di trasferimento dei carichi (seduta) per un peso complessivo di 2.350 tonnellate. La soluzione individuata è stata la realizzazione di un solaio officina dove sono stati trasferiti i conci della trave per trasformali all’interno dell’officina in quota.
Doveva essere unito il rispetto della Normativa inerente la sicurezza del cantiere con la parte Legislativa inerente la sicurezza nei luoghi di lavoro (officina):
siamo arrivati ad avere 120 saldatori in continuo sui tre turni che lavoravano all’interno del cantiere, con tutte le problematiche legate allo smaltimento dei fumi, presenza del calore durante la lavorazione (300°)” – continua Daniele di Cesare – in più c’è stata la problematica stessa del sollevamento di questa trave, non essendo negli schemi normali di sollevamento
definendo “niente di convenzionale” ciò che è stato valutato in via progettuale ed effettivamente eseguito.
La soluzione è stata individuata prendendo spunto dall’ambito navale e grandi sollevamenti con l’utilizzo di martinetti “mangiafune” che hanno portato in quota tutta la struttura e provvedendo al collegamento della stessa alle colonne tramite un sistema che ha permesso ai lavoratori di accedere in quota tenendo fissa la struttura.
CASSEFORME AUTO-RAMPANTI
Nello sviluppo dell’intera struttura “l’altra problematica è stata rappresentata dalle casseforme auto-rampanti” interne ed esterne dovendo comunque trovare una parte dell’apprestamento (per le esterne) in cui poter allestire l’officina
Sono state quindi installate delle lamiere microforate a protezione del piano di lavoro principale, in modo da rispettare nello stesso luogo di lavoro entrambe le tipologie di sicurezza, dando una confinazione e protezione specifica all’area di lavoro (sicurezza cantiere) e garantendo un ricambio di aria e illuminazione minimi previsti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il registro inerente gli spostamenti delle casseforme è stato curato direttamente dagli addetti che vidimavano le operazioni eseguite, attraverso l’uso di centraline idrauliche.
“La parte difficile è stata studiare la macchina necessaria, per realizzare quella parte d’opera e fare in modo che quella macchina non andasse ad interferire o a inficiare con le altre lavorazioni” soprattutto per quanto concerne le casseforme rampanti e la necessità della loro posa in opera, che ha visto l’utilizzo di una delle gru più grandi in commercio (800 t.). Queste tecnologie hanno consentito la realizzazione della struttura portante con l’inserimento dei vari piani, effettuato tramite l’utilizzo di gru brandeggianti autosollevanti che, a causa della limitata area di cantierizzazione disponibile, dovevano però garantire un’operatività just in time.
GRU
Il livello prestazionale delle gru era assolutamente considerevole, “stiamo parlando di sollevamenti fino a 36 tonnellate nella posizione più elevata e di 12 tonnellate nella posizione più sfavorevole” – continua ancora Daniele di Cesare – “le gru sono state legate all’edificio…utilizzando macchine che non trasferissero vibrazioni durante la posizione del materiale stesso nelle varie fasi di lavoro” tramite l’uso di un contrappeso oscillante che ha garantito perennemente la condizione di equilibrio e di stabilità non trasferendo quindi al materiale le vibrazioni della macchina.
Considerata l’altezza di lavoro delle gru, l’accesso degli operatori è stato garantito tramite elevatori posti internamente al grattacielo, e sbarco al piano di lavoro primo disponibile entro i 30 mt. dalla cabina di lavoro, evitando quindi inutili affaticamenti.
ADDESTRAMENTO OPERATORI
Inoltre per gli operatori e la loro incolumità, è stato eseguito l’addestramento alpinistico di operatori specifici all’interno del cantiere per poter garantire il pronto intervento con sistema di esercitazione trimestrale, “nella fase finale, con addestramento ripetuto ogni tre mesi, siamo riusciti ad ottenere che dalla chiamata al momento stesso dell’intervento in quota passassero quattro minuti e mezzo”.
Per ultimo va segnalato la logistica e viabilità applicata per il getto massivo nelle opere di fondazione e successivamente per i tegoli prefabbricati necessari alla realizzazione dei piani, che ha occupato un lasso temporale di 96 ore consecutive (venerdì sera-martedì mattina) con la scelta di garantire che le autobetoniere in ingresso in cantiere fossero quelle necessarie al getto, abbassando l’impatto del traffico di cantiere sul normale traffico veicolare.
L’intervento integrale dell’Ing. Di Cesare è disponibile sotto:
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