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Quando si parla di processo progettuale, le prime parole che vengono in mente sono: progetto architettonico, strutturale, impiantistico, preliminare, definitivo, esecutivo. Tutti riferibili ad aspetti architettonici ed ingegneristici.

E la sicurezza?

Quanti tecnici hanno la possibilità di poter approntare un degno progetto della sicurezza di un cantiere con la stessa perizia, attenzione e, soprattutto, con un tempo congruo, che vada al di là delle poche ore concesse dalla committenza e dalle imprese interessate (in ogni senso interessate) alla realizzazione di un’opera? Limitandoci per ovvie ragioni ad opere medio-piccole (i cantieri più importanti e quelli pubblici hanno generalmente un approccio alla sicurezza più accorto), in gran parte dei cantieri si assiste ad una vera e propria improvvisazione, rimandando le scelte per affrontare e limitare i rischi alla mera fase esecutiva, che, tradotto in termini più comuni, vuol dire: occuparsi del rischio nel momento in cui si palesa il pericolo, ovvero correre ai ripari.

Eppure gli strumenti esistono: seppure sia prevista una possibile procrastinazione alla fase esecutiva dell’opera, il PSC rappresenta il momento più circostanziato per una concreta analisi dello stato di fatto e del conseguente progetto per l’impianto del cantiere e della sua più probabile evoluzione nel corso della realizzazione dell’opera. È anche vero che, durante la fase esecutiva, gli imprevisti (alcuni reali, altri dettati da approssimazione del progetto di cantierizzazione dell’opera) sono molto frequenti; questo, però, non esonera il coordinatore dal determinare e programmare le principali fasi di realizzazione dell’opera all’interno di una organizzazione ottimale dello spazio-cantiere (spazio e non area, perché il cantiere lavora in tre dimensioni!) in modo da poter ridurre al minimo i rischi più rilevanti.  Successivamente, sono chiaramente ammissibili (e dovuti) i piccoli aggiustamenti affinché il progetto sicurezza redatto calzi perfettamente al contesto. Come un sarto che adatta un abito al cliente che lo indosserà.

Evitando di scindere in questo momento la figura del coordinatore nelle sue due accezioni, riferite ai tempi diversi del processo di realizzazione di un’opera, dove nella comune pratica professionale a volte viene addirittura meno il coordinatore in fase di progettazione, è opportuno ricordare che il PSC è un processo ben definito, indipendentemente dal momento in cui interviene. Le premesse da cui parte sono sempre le stesse:

  • l’analisi dello stato dei luoghi, eventualmente condotta anche attraverso il ricorso a specifici approfondimenti settoriali;
  • gli obiettivi da raggiungere;
  • il processo (strumenti ed opere) per il raggiungimento di questi ultimi.

Non c’è niente di diverso da un normale iter progettuale: una relazione tecnico-descrittiva, nella decenza della sua redazione, che accompagna, con opportuni rimandi, gli elaborati grafici e viceversa. Allora perché per un elaborato della sicurezza deve essere diverso? Per la legge vigente gli elaborati previsti sono parte integrante dell’azione progettuale (art. 100, D.Lgs. 81/08).

Partendo da queste premesse e considerando un progetto architettonico completo delle sue parti sostanziali, oltre agli elaborati fondamentali da produrre al fine di una gestione della sicurezza in esecuzione, ovvero la relazione del PSC ed il fascicolo dell’opera, dei quali tutti, o quasi, abbiamo consapevolezza, si registra la presenza di un ulteriore elaborato, che potrei definire un illustre sconosciuto.

Se un progetto architettonico, strutturale o impiantistico, si esprime attraverso l’elaborato grafico per giungere ad una comprensione pressoché piena della committenza e, soprattutto, delle maestranze coinvolte nel processo esecutivo, perché non può essere altrettanto vero per il progetto della sicurezza?

Se il legislatore ha ritenuto opportuno annoverare tra gli allegati costitutivi del pacchetto PSC un elaborato grafico specifico, come descritto al par. 2.1.4 dell’Allegato XV al D.Lgs. 81/08, avrà avuto un motivo ben preciso che non sarà certo quello del puro esercizio normativo (no, colleghi tecnici, non è per rendervi più complicata la vita professionale!). Del resto, la stima economica di un intervento, altro elemento fondamentale del processo realizzativo, si basa principalmente sulla resa grafica dei suoi elementi costitutivi ed in più rapporti di scala: detto (o meglio, scritto) in parole povere, per avere una stima dell’intervento è necessario quantificarne le dimensioni, oltre alla definizione dei materiali e dei processi realizzativi. E quanto è diverso tutto questo dalla determinazione dei costi nella realizzazione di un piano per la sicurezza?

Ancora un riferimento pratico: per determinare la viabilità all’interno di un cantiere, o la posizione dei servizi, o la delimitazione dell’area o delle aree di lavoro diversificandole, ad esempio, dalle zone logistiche, quanto è efficace una relazione rispetto ad una tavola grafica ben concepita ai fini dell’immediata informazione degli addetti ai lavori?

È chiaro che, dopo tre lustri di esperienza da libero professionista, posso sostenere, senza timore di essere smentita, che la sensibilità della committenza, sia pubblica che privata, in merito agli aspetti descritti influisce in maniera schiacciante soprattutto sugli esiti di una corretta valutazione progettuale dell’aspetto sicurezza ed è quasi sempre offuscata da un unico interesse: la compiutezza dell’opera nei tempi più brevi possibili ed a costi quanto più contenuti possibile. Il resto è solo documentazione da produrre ai fini dell’ottemperanza delle leggi in vigore. Con il placet degli attori interessati alla fase esecutiva.

Un tecnico-coordinatore un po’ più zelante è visto nel migliore dei casi quasi come una sorta di figura romantica, un Robin Hood del cantiere, ma più spesso come un intralcio al conseguimento dell’obbiettivo.

Il risultato non è certo confortante: il tempo concesso al coordinatore per lo studio preliminare del progetto sicurezza è solitamente ridotto a poche ore. Pochissime ore!

Con l’angosciante conseguenza di dover rincorrere la mitigazione dei rischi durante la fase esecutiva dell’opera.

Arch. Ernesta Pisapia

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