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Il tema delle morti bianche appare come un fiume carsico nell’immaginario collettivo nazionale; affinchè un decesso sul lavoro possa fare notizia A livello nazionale, occorrono solitamente due ingredienti, o almeno uno dei due tra: status sociale/familiare del lavoratore deceduto e/o ripetitività di eventi simili in un ristretto lasso di tempo.

Se partiamo dai numeri degli infortuni sul lavoro in generale e delle morti bianche, tutti gli addetti ai lavori sono consapevoli che la piaga è quotidiana e che la verità spesso sta sempre nel mezzo tra Datori di Lavoro poco inclini alle Normative, operatori poco inclini alle procedure e committenti, ove presenti, molto inclini a premiare la velocità di consegna dell’opera.

Spesso questi ultimi sono le stesse figure che, sedute al tavolo davanti alla televisione mentre consumano il pasto serale con la famiglia, storcono il naso o cambiano canale le volte (sempre troppo poche)  in cui questa piaga quotidiana viene raccontata dai mezzi di informazione, tra un servizio sulla cucina e uno sull’influencer di turno.

Vorrei andare con ordine però, per non perdere il filo del discorso, tanto semplice tra addetti ai lavori, quando complicato se deve essere esternalizzato ad un cittadino che dovesse per caso mai leggere queste righe. 

LA NORMATIVA

Leggo dai comunicati stampa che il Ministro del Lavoro, di cui eviterò di indicare il nome perchè questa piaga di tutto ha bisogno ma non di caciara politica su questo o quel soggetto, incontrando una delegazione di ANMIL, tra i vari argomenti ha sottolineato la necessità di agire urgentemente sul Testo Unico inerente la materia della sicurezza sul lavoro. Credo che la reazione di molti addetti ai lavori, nel leggere questo passaggio, sia stata allargare le braccia e pensare “ancora Leggi nuove!?”.

Beninteso, ci sono delle dinamiche e degli accadimenti in cui azione e reazione coincidono con infortunio e nuova Normativa; lo dimostrano gli infortuni a seguito del crollo dei palchi dei concerti che hanno portato alla necessità di avere una specifica Normativa inerente gli eventi temporanei, che facesse da appendice al Testo Unico ed entrasse con puntualità su questa tipologia di luoghi di lavoro/cantieri.

Manifesto ENPI Anni Cinquanta del Novecento

Noi addetti ai lavori non siamo allergici alle Normative nuove ma credo di poter dire che siamo stufi che ci si svegli di tanto in tanto pensando di risolvere il problema dando una spolveratina alle Leggi. Le Norme ci sono, anche troppe, mi permetto di dire, certo possono essere migliorate ma in punta di fioretto, non usando tutte le volte un’ascia. Perchè quell’ascia implica che tutto il sistema resetti, abbia il tempo di digerire il nuovo ordinamento e lo faccia digerire alle proprie filiere, e ovviamente più è profondo il colpo, più tempo occorre e più il sistema si espone a ulteriori infortuni. Quindi facciamo pure un check sulle Leggi in vigore, ma che non sia lo specchietto per le allodole per la popolazione, atto a lavare la coscienza di chi è chiamato a dare un indirizzo generale su temi di interesse nazionale.

LA FORMAZIONE

Normativa e continuo addestramento vanno di pari passo, ormai ci si addestra e forma per tutto, cosa corretta per carità, ma si dovrebbe analizzare non tanto il contenuto e la cadenza, ma come viene recepita questa formazione dai Datori di Lavoro e dai lavoratori. Nel mio ragionamento tralascio tutti quei casi, sempre più all’onore delle cronache, in cui si elargiscono attestati senza aver dato effettivo seguito ai corsi. Chi si occupa di formazione ha piena contezza del fatto che durante i corsi, più che lavorare sul know-how dell’argomento in questione, bisogna intervenire sulla percezione. Quel maledetto “eh ma io ho sempre fatto così” che oltre ad approcciare male le procedure lavorative, fa approcciare anche peggio i momenti di formazione. Tutto è perfettibile ma certo non mancano gli obblighi formativi, forse il problema deve essere analizzato da un altro punto di vista, che parta da più lontano.

Manifesto ANPI Anni Venti del Novecento

MORTI BIANCHE, QUALI SONO LE REALI MANCANZE?

Beh se la Normativa non ha una criticità elevata e se la formazione viene effettuata allora cos’è che non va!?. In primis la percezione del rischio, che non abbiamo in generale e non abbiamo nemmeno come Popolo. La nostra indole è mediterranea, tendiamo ad aggirare i problemi creando soluzioni alternative, più facili e veloci; pregio per molti aspetti della nostra vita, ma assoluto difetto per quanto riguarda l’esposizione ai pericoli. 

LA CULTURA NELLA SICUREZZA

A differenza di altre nazioni, nei nostri percorsi scolastici, a partire dalla prima infanzia, non sono presenti materie che si occupano di sicurezza, cresciamo nuove generazioni che non sono sensibilizzate a riguardo. Ricordo ancora con piacere una lezione di Educazione civica alla mia Scuola Media (erano i primissimi anni Novanta) dove intervenne un vigile urbano che ci spiegò come passeggiare in sicurezza per la strada pubblica, dando sempre lo sguardo verso il traffico in arrivo.

Certo anche io non sono senza peccato, quando tiro dritto ad uno STOP perchè la visuale è libera e non vedo macchine in arrivo, o quando prendo il cellulare in macchina per vedere un messaggio whatsapp commetto errori che possono essere dannosi per me e per chi mi circonda, giusto per fare due esempi. Ma quella mezz’ora di lezione alle Medie unita al mio percorso di studio, formazione ed esperienza lavorativa, fa si che possa comprendere di aver sbagliato, lavorandoci su per la prossima occasione.

Bisogna aumentare la cultura della sicurezza, quante volte ci riempiamo la bocca con questa frase e più che altro quanto davvero diamo seguito ai nostri buoni propositi!? All’atto pratico diventa difficile lavorare su persone che non sono state sensibilizzate a riguardo fin dalla più tenera età. Non dico che sia la panacea di tutti i mail, ma l’inserimento di questa materia nel percorso di studio non è più rinviabile, in modo che tra dieci o venti anni, di fronte a noi addetti ai lavori, avremo la possibilità di avere lavoratori e datori di lavoro che ci ascolteranno senza preconcetti e senza quel fastidioso “ho sempre fatto così“.

I CONTROLLI

Quando ho iniziato ad occuparmi di sicurezza in cantiere, alla fine degli ani Novanta, percepivo gli Organi Ispettivi in malo modo, una sorta di Sceriffo di Nottingham sempre pronto a vessare i poveri addetti ai lavori. Avevo avuto alcune significative esperienze, fortunatamente indirette, con sopralluoghi in cantiere ai colleghi che si cimentavano con la nuova 494. Sanzioni fatte dal finestrino dell’auto, con la ripromessa che il giorno dopo sarebbe stato uguale o forse peggio. Una versione light del film I giorni dell’ira, se così possiamo dire.

Con il passare del tempo, dopo aver vissuto molte esperienze sul campo ed altrettante visite ispettive, ho maturato il concetto che non c’è filiera corretta della sicurezza senza gli Organi Ispettivi, che sono in grado di controllare capillarmente le varie situazioni. Ma per fare i controlli occorre personale e questa è una criticità conclamata e sottolineata costantemente negli ultimi anni, proprio dal personale ispettivo.

Il declino dei controlli, il messaggio che si veicolava nel mercato del lavoro e una sorta di rompete le righe sono stati i passaggi salienti degli ultimi quindici anni. Duole a dirlo ma questo atteggiamento è riscontrabile  soprattutto con i committenti, che poi sono gli stessi cittadini che ieri si sono (giustamente) adombrati per la morte della lavoratrice Luana D’Orazio. Gli stessi cittadini che, versione giano bifronte, da un lato piangono l’infortunio mortale sul lavoro e dall’altro, quando sono parte in causa nella programmazione di lavori, impongono velocità, bassi prezzi e poche storie da parte dei Professionisti…. Se c’è qualcuno di voi che leggendo si riconosce in questa categoria vi prego di non offendervi, la prossima volta riflettete sulle morti bianche e la sensazione che avete avuto nell’apprendere la notizia, ed agite di conseguenza. Ma ecco quindi che torniamo anche all’affaire percorso scolastico, materie di insegnamento e nuove sensibilità su questo tema da parte delle future generazioni.

L’INFORMAZIONE

L’ultimo tema è quello della divulgazione delle notizie legate alle morti bianche (per favore non chiamiamole più così) e soprattutto della loro completezza e del messaggio che viene veicolato. Ci sono dei minimi comuni denominatori nei servizi giornalistici che trattano questo tema tra cui il far passare un infortunio sul lavoro come fatalità/casualità. Vorrei dire che praticamente MAI in infortunio è generato da questi due fattori, ma prudenzialmente mi limiterò a dire che raramente le morti bianche sono innescate da fatalità/casualità.

Occorre un passo avanti anche dell’informazione nazionale e sarebbe auspicabile anche una serie di campagne pubblicitarie a riguardo, per sensibilizzare tutta la popolazione.

Da cultore di questa materia e da collezionista di segnaletica e manifesti storici (alcuni dei quali inseriti in questo articolo – n.d.r.), posso dire che per questo ambito basterebbe guardare agli esempi del passato dove ogni occasione era valida per veicolare una costante informazione sul tema del rischio e relative conseguenze. Campagne sui giornali, manifesti appesi nei luoghi di lavoro, addirittura serie di cartoline da inviare, fino alle agende delle aziende consegnate ai singoli lavoratori, tutto richiamava a sensibilizzare cittadini e lavoratori. Mi chiedo quindi perchè, oggi, non si riesca a prendere spunto da questo e sviluppare nuove campagne tramite i canali di comunicazione e uso quotidiano attuali?.

Calendario turni lavoratori Ferrovie dello Stato anno 1979

Dunque, in sintesi, no, così non possiamo andare avanti, ma prima di intraprendere le solite ricette, sarebbe auspicabile un nuovo coraggio che porti a scelte drastiche ponendo l’attenzione su ciò che non si è mai fatto fino ad ora, evitando di agire con maquillage su ciò che appare consolidato.

morti bianche

Manifesto INAIL Anni Trenta del Novecento

 

 

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