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La riconversione del mercato edile del costruire sta originando la creazione di figure come il lavoratore autonomo su fune, che offre i propri servizi a committenti più o meno informati. Vediamo dunque se questa operatività effettuata da questa tipologia di lavoratore, può essere effettivamente realizzata.

I lavori edili su fune o, più correttamente, i lavori edili svolti mediante sistemi di accesso in quota su fune stanno trovando sempre più ampia diffusione, sia sul territorio nazionale che a livello internazionale e, senza alcun dubbio, nel prossimo futuro, troveranno uno sviluppo ancora più vasto, specie in virtù della spiccata sostenibilità ambientale che questo genere di attività consente su molte lavorazioni dell’ingegneria civile e dell’edilizia in generale.

Nell’ambito del territorio nazionale, dopo un avvio pioneristico, il numero di queste imprese che operano su fune si sta rapidamente moltiplicando, offrendo all’utenza, generalmente rappresentata da un condominio che intende effettuare lavori di manutenzione sulla facciata del proprio fabbricato o sulla copertura, la possibilità di svolgere i lavori in maniera rapida ed in assenza di ponteggi, giudicati dai condomini fastidiosi e pericolosi.

In realtà, oltre alle accennate e (ormai) non trascurabili ragioni di sostenibilità ambientale, vi sono casi in cui il lavoro su fune è indubbiamente meno “rischioso” della medesima attività svolta mediante ponteggi, in quanto, essenzialmente, il valore dell’”esposizione” dei lavoratori al rischio di caduta dall’alto o agli altri rischi correlati con le attività in quota, risulta essere inferiore, sia in termini empirici che rispetto ad un classico calcolo di “uomini/giorno”.

In questo proliferare di soggetti che operano su fune, però, si “offrono” al mercato, anche imprese individuali artigiane prive di dipendenti (nell’accezione più ampia) e cioè, i c.d. “lavoratori autonomi”, i quali, dunque, si propongono ai committenti per effettuare questi lavori di manutenzione, operando in maniera esclusivamente “solitaria” e giustificando questa scelta con un poderoso abbattimento dei costi da sostenere.

Ovviamente, così come per la scelta di un qualsiasi sistema di accesso in quota è necessaria sempre e comunque una accurata Valutazione del Rischio, anche nella selezione dell’operatore economico a cui affidarsi, il committente dovrà essere molto attento.

Ogni lavorazione in quota, infatti, comporta, oltre al rischio evidente di caduta dall’alto, anche altri rischi che definiremo deliberati, in quanto strettamente legati con la modalità di esecuzione dell’attività stessa.

Il lavoro su fune, nella fattispecie, presenta uno specifico rischio deliberato che quello della cosiddetta sospensione inerte.

La sospensione inerte e quella si situazione per la quale un lavoratore rimane sospeso in quota ed immobile (p.e. per un malore) e può portare ad una perdita di coscienza pericolosamente letale. In questo caso, infatti, è impedita la circolazione cardiaca che potrebbe anche degenerare in ischemia cerebrale. Appare evidente che la sospensione inerte in quota di un operatore richiede dunque un intervento immediato poiché può condurre a conseguenze fatali in tempi brevissimi che possono andare da pochi minuti a mezz’ora, in base alle circostanze e alle condizioni fisiche dell’operatore.

Proprio per le ragioni descritte, chi effettua lavorazioni su fune deve prevedere, all’interno del proprio piano operativo di sicurezza ovvero come documento complementare (ma comunque obbligatorio), un “piano di emergenza” che includa, ovviamente, anche tutte le modalità specifiche (riferite al singolo cantiere) mediante cui effettuare le procedure di salvataggio del lavoratore nell’eventualità di una sospensione inerte.

Appare evidente che, per effettuare queste procedure di salvataggio, l’impresa operante mediante funi deve essere provvista di un’apposita squadra di emergenza, formata da lavoratori “consapevoli” e opportunamente formati addestrati.

Inutile dire, dunque, che proprio in virtù delle sue caratteristiche peculiari, al lavoratore autonomo non è consentito operare in solitaria su fune, in quanto, nel caso dovesse trovarsi in una situazione di sospensione inerte non troverebbe il necessario soccorso da parte di una squadra d’emergenza.

La norma di riferimento, il d.lgs. n81/2008 o TUSL, non contiene un esplicito divieto in tal senso ma, viceversa, contiene specifici obblighi che, evidentemente, non possono essere materialmente rispettati dall’artigiano.

Occorre dire, inoltre, che in tutti i casi in cui, all’interno del titolo IV, Capo II, si parla di lavorazioni in quota, si fa sempre esplicito riferimento all’esistenza di un datore di lavoro, intendendo implicitamente che le lavorazioni in quota possano essere eseguite da imprese che abbiano una struttura minima tale da garantire anche l’eventuale necessità di primo intervento e soccorso.

Ciò avviene, ad esempio, anche per i montaggi, gli smontaggi e la trasformazione dei ponteggi, attività per le quali la norma ha previsto esplicitamente la presenza di lavoratori (al plurale) opportunamente e adeguatamente formati che, tra l’altro, agiscano sotto la diretta sorveglianza di un preposto.

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