Il comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di evento da solo sufficiente a cagionare l’infortunio, e quindi ad escludere la responsabilità dei destinatari dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando tale comportamento risulta essere del tutto estraneo al processo produttivo, del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto alle mansioni da eseguire.
La Suprema Corte torna nuovamente a confermare l’ormai costante orientamento in materia di abnormità del comportamento del lavoratore e di valutazione del nesso di casualità tra tale tipo di condotta e gli eventi lesivi occorsi in cantiere, confermando come la condotta negligente e imprudente, non rappresentando una condotta eccezionale rispetto al contesto lavorativo, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro e degli altri soggetti tenuti ad adempiere alle misure di prevenzione degli infortuni.
La pronuncia è stata emanata in luogo a seguito dell’esame del ricorso presentato da un coordinatore per la sicurezza che si era visto condannare sia in primo che in secondo grado per aver colposamente cagionato la morte di un operaio caduto, il primo giorno di lavoro (marzo 2006), da una scala dall’altezza di ca. 6 metri durante alcuni lavori di demolizione.
Nello specifico la condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Messina, poi confermata anche se in parziale riforma dalla Corte di Appello di Messina, individuava la colpa del coordinatore nell’aver omesso di verificare che venissero applicate correttamente all’interno del cantiere sia le disposizioni contenute nel PSC che le procedure di lavoro.
Comportamento anomalo del lavoratore - Ricorso del CS
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