cupola del Brunelleschi
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(segue dall’articolo La sicurezza in cantiere ai tempi del Brunelleschi) il Brunelleschi non utilizzò le centine, cioè le armature in legno, modo tradizionale di procedere in quel tempo per due motivi: uno per la grande distanza dal suolo che avrebbe comportato difficoltà costruttive e l’altro per costi troppo elevati.

All’inizio dell’opera dove la parete della Cupola era pressoché verticale, fu utilizzato un ponteggio: “il ponteggio era realizzato con travi infilate nel muro all’interno e all’esterno della costruzione”15 mentre per l’ultimo tratto, in cui la calotta si curvava fino a convergere verso il centro. “Il Brunelleschi progettò un ponteggio sospeso nel vuoto al centro della cupola, forse appoggiato, con lunghe travi, a piatteforme poste a quote inferiori, che servivano da depositi di materiali e di strumenti,” questi ultimi servivano per alzare i pesanti blocchi di laterizio ed erano argani e carrucole per lo più di epoca gotica.16

Il Brunelleschi costruì un parapetto all’interno della volta. Questo congegno consisteva in una serie di tavole collocate su impalcature sospese che sporgevano dalla muratura. Piattaforma ben più grande dei ponti, essa serviva sia come rete di salvataggio sia, fatto ancora più importante, come transenna.17 Secondo i documenti, intendeva “impedire ai muratori di guardare in basso”18. Furono approntate altre misure di sicurezza. I muratori che lavoravano sulle pareti in alto furono dotati di imbracature di sicurezza.

Inoltre aveva disposto i punti di sostegno per i ponteggi di un’eventuale decorazione pittorica o di mosaici della calotta, per l’esterno progettò sia un sistema di scolo delle acque piovane; sia un sistema di “buche e diversi apertoi, acciò che i venti si rompessino, et i vapori, insieme con i tremuoti, non potessino far nocumento“, sempre secondo quanto scrive il Vasari.

La presenza di Brunelleschi nel cantiere fu una costante egli stesso andava alle fornaci dove si spianavano i mattoni, e “voleva vedere la terra, et impastarla, e cotti che erano, gli voleva scerre di sua mano con somma diligenza. E nelle pietre a gli scarpellini guardava se vi era peli dentro, se eran dure, e dava loro i modelli delle ugnature e commettiture di legname e di cera, così fatti di rape; e similmente faceva de’ ferramenti ai fabbri”.19

Nella revisione del testo progettuale rivisitato nel 1426, prosegue, sempre con esplicito riferimento alla sicurezza: “e da lato della volta dentro si pongha per parapetti assi che tenghino la veduta ai maestri per più loro sicurtà”. Sarebbe stata un’impalcatura sospesa interna con parete lignea innalzata per schermare la vista verso il vuoto. La disposizione concorda anche con il racconto di Antonio Manetti, il primo biografo di Brunelleschi, che loda gli accorgimenti dell’architetto per prevenire “le paure e gli orrori di quegli che muravano e che servivano loro (cioè i maestri e manovali in alto)”. Questi ponti, secondo Manetti inventati dall’architetto di “nuove forme e necessarie”, hanno certamente contribuito alla sicurezza dei lavori in alto, prevenendo altre terribili cadute dalle costruende mura.20

Più di 300 persone lavoravano alla cupola, compresi coloro che erano addetti all’estrazione delle pietre nelle cave. La settimana era lunga, andava dal lunedì al sabato spesso dall’alba al tramonto, cosa che in estate poteva significare una giornata di quattordici ore. Le paghe arrivavano ogni sabato.

Ognuna di queste ore era suddivisa in quattro parti di dieci minuti ciascuna, mentre i minuti erano suddivisi in quaranta momenti, a partire dal 1400 tuttavia si iniziò a suddividere l’ora in sessanta minuti, e ogni minuto in sessanta secondi e il ritmo della vita iniziava a velocizzarsi.

Per migliorare il lavoro aveva approntato un sistema di illuminazione delle scale e dei passaggi che corrono, a vari livelli, tra l’involucro interno e quello esterno della cupola e con punti d’appoggio in ferro, inoltre per non interrompere i lavori visto che si svolgevano ad altezze sempre più alte.”21

L’attenzione del Brunelleschi alla sicurezza si evince anche da alcuni particolari divieti imposti alle maestranze. Agli addetti fu vietato di scendere dalla Cupola più di una volta al giorno, fu vietato trasportare: attrezzi, pasti e ancora peggio se stessi nei carretti del montacarichi.

Inoltre non poterono neppure ondeggiarvi dentro per “catturare i piccioni” che nidificavano sulla Cupola.

Sono stati riportati, nel capitolo dedicato all’archivio storico degli Anni della Cupola questi divieti, indirizzati a tutti i lavoratori ad esclusione gli addetti che dovevano togliere i nidi perché di fatto, questo poteva rappresentare un rischio aggiuntivo nelle fasi di cantiere.

Per garantire inoltre, una maggior sicurezza dei lavoratori “il loro vino fu diluito con un terzo d’acqua,” una proporzione in genere riservata alle donne gravide.

Nel cantiere del Brunelleschi chiunque violasse quest’ultima regola era soggetto a una multa di 10 lire, o all’equivalente di undici giorni di lavoro. Una disposizione severa ma in considerazione dei pericoli quotidiani che incombevano sui maestri muratori, si incaricò lo scrivano delle giornate, che più volte “proibì che venisse portato sulla Cupola vino che non fosse annacquato almeno in terza parte”. L’acqua, poteva essere inquinata e dannosa nelle città medievali, e il vino era proprio necessario per dissetarsi.

“Non vi è invece, in tutta la documentazione raccolta negli Anni della Cupola, traccia della famosa cucina che si dice essere fatta allestire sopra la cupola per risparmiare il tempo dei maestri all’ora di pranzo. Non possiamo escludere qualche arrosto di piccione catturato prima dei provvedimenti che vietavano la caccia degli uccelli in alto, ma la storia della cucina è con ogni probabilità una bella invenzione dei fantasiosi biografi, mentre le maestranze dovevano accontentarsi del pane e vino di tasca loro.” 22 La norma D.Lgs 81/2008 e suc. indica l’obbligo di una zona refettorio in cantiere.

 

Note:

15. Benevolo, L., Storia dell’architettura del Rinascimento, Laterza, Bari 1995

16. Bartoli, L., Il disegno della cupola del Brunelleschi, Olschki, Milano 1994

18. Von Fabriczy, C., Filippo Brunelleschi: la vita e le opere, Uniedit, Firenze 1979

19. Ricci Massimo, Il Segreto della Cupola di Santa Maria del Fiore – LE SCIENZE – n.227 Luglio 1987

20. Manetti, Antonio di Tuccio, Vita di Ser Filippo Brunelleschi, Firenze, Rinascimento del libro,1928

21. Margaret Haines La storia di Nencio Chello, Lavorare sulla Cupola: sicurezza e coraggio al tempo di Brunelleschi Presentazione Gli anni della Cupola – OPA Centro Arte e Cultura – 29 giugno 2009

22. Margaret Haines – La storia di Nencio Chello, Lavorare sulla Cupola: sicurezza e coraggio al tempo di Brunelleschi Presentazione Gli anni della Cupola – OPA Centro Arte e Cultura – 29 giugno 2009

Fonte: Quaderni di Fabrica Ethica n.5 – Impresa Sicura: l’Uomo costruttore di sicurezza.

 

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